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giovedì, Novembre 21, 2024
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BE CRUNCHY, BE BRAVE, BE A HIGHLANDER.

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La pausa pranzo sta diventando sempre più un dilemma soprattutto per chi, come me, trascorre gran parte del tempo in giro. Eppure accade che quel preciso giorno trovi la cosa giusta, al momento giusto e nel posto giusto.

Gironzolavo per i corridoi del supermercato in cerca di qualcosa che non fosse troppo nè troppo poco, finchè la mia attenzione non si è posata (come ipnotizzata) su un sacchetto di Highlander – crunchy and brave dal packaging talmente figo che, prima ancora di leggere cosa avevo comprato, sono riuscita a pensare quanto fosse stato concepito bene.

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Il grafico al supermercato*

..ma questa è un’altra storia.

Torno in ufficio e, tra una patatina e l’altra, mi fiondo su Google: mi basta pochissimo per scovare l’agenzia che si è occupata di questo splendido lavoro.

La cosa che sin da subito mi stupisce è la trasparenza dell’agenzia nel mostrare il processo creativo che ha accompagnato il progetto: dal briefing alle bozze, alle references fino a giungere al lavoro finito.

Una strategia nella strategia?
(Nel frattempo, sempre tra una patatina e l’altra, li ho contattati e ci ho fatto due chiacchiere: a rispondere è il gentilissimo Luigi Focanti, co-founder and creative director di 6.14 Creative Licensing)

Mostrare frammenti di pensiero, ispirazione, mestiere è un atteggiamento che come direttore creativo e come agenzia abbiamo adottato per certificare la profondità del nostro lavoro, “garantirne” l’unicità e possibilmente l’efficacia. In un panorama leggermente appiattito dal digitale il calore della visualizzazione del processo creativo è rassicurante e stimolante per i nostri clienti: durante i meeting io mi presento con uno sketchbook A3 dove gli interlocutori vedono in diretta le bozze di quello che sarà il lavoro finito. E lo apprezzano.

Quanto è importante per un’agenzia curare il proprio aspetto sociale e perchè?

L’aspetto sociale, se per sociale intendiamo le pubbliche relazioni e la presenza “social” delle agenzie è probabilmente un canale che ha acquisito una eccessiva importanza negli anni ma rimane un valore da non sottovalutare. Curare o addirittura “coltivare” questo aspetto sociale per alcune agenzie è fondamentale, anzi strategico e per altre è invece un “nice to have” e probabilmente la decisione dipende anche dai risultati sul campo. La presenza dell’agenzia deve comunque sempre essere curata, efficiente e al passo con le esigenze del mercato e dei consumatori. Un lavoro nel lavoro. In ogni caso la qualità è la password per attivare un sistema molto efficace: “il passaparola”, e 6.14 Creative Licensing è cresciuta fino ad oggi più grazie a questo che usando tutto il resto

Si può pensare oggi, di lavorare in assenza di strumenti ormai considerati dall’importanza primordiale come facebook? E in tal caso, come faremmo a fare impresa?

… se avessi la risposta esatta, precisa alla domanda avrei vinto alla lotteria, provo a risponderti così: diciamo che questi strumenti aiutano ma non sono il centro del nostro lavoro e nemmeno il centro dell’attività di promozione. Il talento, la creatività, la qualità dei nostri lavori, saper attivare i rapporti con i clienti in modo intelligente e sempre proattivo con contenuti innovativi sono le vere basi.

Il lavoro è mestiere, pensiero, capacità di capire quali strumenti siano realmente giusti o efficaci per raggiungere un certo obiettivo, che normalmente è quello prefissato con il cliente: dunque fare impresa a prescindere dagli strumenti.
Allo stesso tempo un buon progetto viene impostato consapevolmente alle sue possibili attivazioni e ramificazioni attraverso piattaforme, linguaggi, strumenti esistenti e nuovi sfruttandone le potenzialità e caratteristiche, vedi il lancio di Pokémon GO per esempio.

Dato che questi strumenti possono cambiare anche di anno in anno è importante fare molta ricerca essere consapevoli del loro reale valore, in questo senso 6.14 è un’agenzia molto attiva, da anni collaboriamo con l’Istituto Italiano di Tecnologia beneficiandoci di informazioni nel campo dell’intelligenza artificiale, la robotica umanoide e molte altre innovazioni su cui abbiamo il privilegio di interagire. In base alla mia esperienza penso che stiamo per attraversare una fase molto interessante per quanto riguarda gli “strumenti” di comunicazione per cui molti verranno messi in discussione e chi sarà agile nel leggere questi cambiamenti potrà offrire servizi effettivamente, definitivamente nuovi.

Parliamo del progetto Highlander, com’è successo?

Dopo aver fatto una presentazione su Wacko’s a San Carlo in un recente passato siamo stati contattati per effettuare un “restyling” del brand Higlander per il quale ci è stato chiesto di ripensare totalmente il look facendo emergere dei valori che ne caratterizzassero la personalità quali la sfrontatezza, la voglia di sfide, il coraggio, l’ironia, per rappresentare la “scozzesità” più genuina e pura del marchio.

Un design d’impatto e un copy accattivante (che sono sostanzialmente ciò che mi ha spinto all’acquisto, battendo il faccino di Cracco). Come si giunge a realizzare un prodotto vincente in termini di marketing?

Mesi di lavoro. Molta ricerca, analisi, proposte su proposte, dubbi da risolvere che generano altri interrogativi, istinto, capacità di dare la giusta forma alle idee, alchimia tra i membri del team e tra l’agenzia e il cliente… e ovviamente il coraggio di rappresentare un prodotto in maniera non convenzionale, con personalità. Aggiungo l’esperienza dei veterani e l’entusiasmo dei giovani creativi.

Da dove è partita l’idea?

L’idea è partita dal briefing, dunque dall’ interpretazione che abbiamo dato ai desideri del cliente per cui abbiamo esplorato tante (ma tante) opzioni divertendoci molto, affascinati dalle possibili soluzioni e direzioni creative che seguivamo. Poi abbiamo trovato lo stimolo giusto negli “Highland games” e abbiamo coniugato il tutto.

Il lancio è avvenuto durante Expo2015, un evento molto discusso ma che sicuramente è stato un’ottima vetrina. Cosa vi ha portato in termini di business?

L’agenzia non ha ricevuto più richieste o contatti durante l’EXPO 2015, non penso che per noi sia stato un evento rilevante ma sicuramente lo è stato per il prodotto, dunque per il cliente che ha avuto una esposizione importante.

Spesso il nostro lavoro è scandito da incidenti di percorso, dovuti ad incomprensioni con i clienti. In questo caso com’è stato il rapporto con l’azienda? Quanto siete stati liberi di esprimere la vostra creatività?

Gli incidenti di percorso ci saranno sempre, ma si risolvono. A noi piace essere chiari, trasparenti in modo da evitare al massimo le incomprensioni e abbiamo un rapporto molto diretto con i nostri clienti, con San Carlo abbiamo avuto e continuiamo ad avere un eccellente rapporto dalla presidenza al brand manager, costruito sui risultati, sul rispetto reciproco e anche sull’affetto per le persone, verso l’azienda e verso il prodotto. Questo rispetto ci ha permesso di muoverci con molta disinvoltura e libertà per quanto riguarda la creatività che è stata sempre apprezzata dal cliente. 

Sbirciando sul vostro profilo behance  è impossibile non notare le collaborazioni fatte. Come si costruisce una rete solida nel business della creatività?

6.14 è un’azienda giovane nel panorama della comunicazione italiana, io stesso ho passato più vita professionale all’estero che a Milano, per cui l’unico modo per costruire una rete solida è lavorando meglio degli altri, che sono bravissimi! Questo però vuol dire tante cose: scegliere il terreno sul quale misurarsi, generare proposte realmente interessanti, avere una personalità definita, un vero pensiero diverso, abilità nel realizzare quanto proposto. Inoltre ogni tanto capita un momento favorevole che va sfruttato, anche la fortuna fa parte del business.

Le prospettive lavorative per i ragazzi oggi non sono delle più rosee, pare ci sia posto solo (o quasi) per intere esistenze da stage. Cosa consigliate a chi vuol intraprendere la professione?

Io a causa del mio personale percorso professionale suggerisco sempre di mettersi in discussione all’estero, possibilmente negli USA dove il nostro lavoro è parte integrante del mercato (…e che mercato!) per cui è valorizzato, retribuito e reperibile. Certo non è semplice spostarsi, ci vuole preparazione perché il confronto è duro rispetto all’Italia. Per chi invece si ostini a rimanere in Patria, consiglio di essere molto consapevole del significato di questa scelta al giorno d’oggi, di studiare bene le “nicchie” dove ci sono più possibilità di successo e di non pensare mai di essere abbastanza bravo.

Meglio uno stagista diverso ogni sei mesi o un collaboratore fidato? Cosa preferisce un’agenzia oggi?

La rotazione in agenzia è salutare, ma… Ospitare uno stagista da noi vuol dire fare nei suoi confronti molta formazione, quasi un master perché in effetti vengono selezionati in base alle loro qualità spesso ancora inespresse. Fare uno stage in 6.14 vuol dire essere esposto fin da subito a responsabilità e progetti veri in proporzioni importanti, quindi normalmente dopo il periodo di stage i ragazzi rimangono con soddisfazione da parte di tutti: attualmente quasi il 100% dello staff creativo è partito come stagista in 6.14, tranne me e pochi altri, per questioni anagrafiche!

Progetti futuri?

Per riservatezza posso solo dire che stiamo lavorando con i nostri clienti su progetti in linea con il nostro portfolio, contemporaneamente ne abbiamo sviluppato un altro totalmente innovativo nell’ambito delle più avanzate tecnologie, direi rivoluzionario di cui ci auguriamo di poter parlare in seguito.

 

QUI potete ammirare l’intero lavoro per HIGHLANDER crunchy and brave.

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In Foto: Luigi Focanti (co-founder & creative director), Giulia Ripamonti (Junior Designer) e Roberto Ciappelloni (Senior Designer e Lead Designer del progetto), Andrea Pagnin (Development Director), John O’neill (Copywrighter del progetto) e Alberto Iob  (Senior Designer) .

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Loredana Guerciahttp://www.loredanaguercia.com
Communication strategist, web content & brand storyteller, Coordinatrice articoli per robadagrafici.net, Curiosa per natura.
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