INTRO
La scorsa settimana sono entrata in scena da subdola&sadica.
Ho dato il via a questa “Rubrica del quore” con il Papyrus, che con quegli occhi neri e il suo sapor mediorientale è davvero bello e impossibile.
Seduti sulla vostra sedia girevole da ddu spicci, alle prese con una delle tante deadline del giovedì pomeriggio, di quelle che “ciao weekend, ci vediamo nel duemilaecredici”, ho giocato con i vostri sentimenti.
Ho evocato mete lontane, paesaggi dal clima caldo, i villaggi vacanze a Sharm, i balli di gruppo post buffet serale a bordo piscina, i tour lungo la Valle dei Re, i 50 gradi all’ombra, il colon irritabile, il medico egiziano che ti fa le punture ma non ha capito esattamente che cos’hai però ti fa comunque le punture, il volo di ritorno che hai fatto le punture ma stai comunque male, l’hangover post jet leg&punture che dura quell’unico quarto di giorno che hai a disposizione per riprenderti prima di tornare a lavorare peggio di prima.
Questa volta voglio riportarvi ad altre disagianti e disagevoli esperienze. Di quelle che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo vissuto.
LA FESTA DELLE ELEMENTARI NELLA SALETTA DELLA PARROCCHIA dell’amichetta della tua amichetta bff del quore forever and ever what is love baby don’t hurt, don’t hurt me, no mooore.
Adesso anche i pischelletti hanno Uozzapp, e ormai lo usano meglio di noi “Millennials”.
Noi invece, da bravi Gutenberghiani, avevamo un solo ed unico credo.
L’INVITO ALLA FESTA DI COMPLEANNO.
Ricordo come se fosse ieri le peggio faide in cartoleria per accaparrarsi i biglietti più belli da distribuire in classe. Perché farselo in casa era da poracci.
Formato A5, o anche meno, due ante, carta con grammatura superiore ai 300mg, vernici laccatissime, immancabili gattini/cagnolini/Diddle glitterati e quattro, quattro parole sul fronte.
In Curlz MT.
Sì, proprio lui.
Classe ’95, fu progettato da Carl Crossgrove e Steve Matteson; non due personcine a caso, ma una coppia di graphic designer della Monotype Corporation (allora Agfa Corporation) con sede a Washington DC.
La stessa del Times new Roman. Il mondo è bello perché è vario, signori, fatevene una ragione.
La storia non ci espone come andarono esattamente le cose.
Probabilmente erano alle prese con le figlie 12enni, probabilmente erano arrivati a quel fatidico sabato pomeriggio che tutti i genitori americani aspettano. Quello del pigiama party con le amiche sulla moquette del salotto ormai sbiadita.
Su quella moquette beige, in preda alle ansie da tipografi che devono trovare la font giusta per la giusta circostanza, hanno pensato di omaggiare la loro prole con una font dall’aria sbarazzina, fresca, ssspumeggiante, simpatichina, “curly”, come i riccioli d’oro delle rispettive bambine.
Una font progettata per un determinato uso.
Una font che urla “cospargimi di glitter manco fossi una GIF di Blingee con i gattini”.
Non solo nel mondo della carta stampata ma anche in quello del digitale il Curlz MT ha avuto ampio successo.
Un alternativo, questo Curlz MT, con i suoi glifi che si assottigliano in modo perfettamente sinuoso per dare spazio a quei vortici pseudodinamico-futuristici.
CURLZ MT, TV1KDB
Come si fa a odiarlo?
Si, occhei, pronunciare il suo nome non è esattamente semplice. Ma anche il nome è studiatissimo, attenzione.
Quasi onomatopeico.
Pura arte.
Qui siamo di fronte a quel tipico esemplare di font di cui vi parlavo nell’episodio precedente (vedi INTRO Ep.1). Una font che, se dovessimo personificarla, sarebbe l’amica brutta, possibilmente magrissima, riccissima e levissima, ma dannatamente simpatica. Quella a cui vuoi bene a prescindere, quella che saluta sempre, che conosci da quando sei piccola, e a cui vorrai sempre bene.
Così come vorrò sempre bene al Curlz MT, perché mi ricorda la spensieratezza dell’infanzia. E le feste tra amiche.
E i giochi di gruppo, mannaggialoro.
Quelli sì che erano i momenti più catartici; i veri dissing nacquero lì, non nelle gabbie da freestyle di Mtv Spit.
Tutta colpa del giocodellesedie.
Per tutto il resto,