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giovedì, Novembre 21, 2024
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gamification – i giochi per migliorare come designer!

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“La condizione umana è uno schifo per la maggior parte del tempo. I videogiochi sono l’unica cosa che rende la vita sopportabile”.

“Ready Player One” – Ernest Cline

La fuga nel virtuale raccontata da Spielberg in “Ready Player One”, film tratto dall’omonimo romanzo di Cline, è un affresco vasto e onnicomprensivo dell’attuale condizione postmediale.
L’immersione nel mondo di Oasis compiuta dal protagonista, e trasversalmente anche dallo spettatore, è quanto mai un esempio calzante della nostra relazione con i media digitali. Spielberg costruisce, infatti, una perfetta analisi dei media contemporanei, e spiega che il gioco o l’avventura altro non sono che uno schema di comprensione del mondo, un mezzo per conoscere noi stessi, i limiti delle nostre identità e le regole sociali.

Il concetto di gamification che sta alla base del racconto è una vera e propria metafora del nostro tempo che, come definisce il sociologo dei media Peppino Ortoleva, può essere considerato “il secolo del gioco”.

Non deve dunque sorprenderci come il concetto di gamification, introdotto per la prima volta nel linguaggio contemporaneo dal game-designer americano Jesse Schell nel 2010, continui a proliferare non solo nel mondo videoludico ma anche e più propriamente nelle nostre pratiche quotidiane. Ma cos’è veramente la gamification? È solo una parola d’ordine o c’è una vera prova scientifica dietro? E soprattutto, come può essere sfruttata?

Sotto il concetto di gamification sono infatti riassumibili tutti quei meccanismi, comportamenti e atteggiamenti propri del mondo del gioco e in modo specifico del videogioco che vengono spostati in contesti e situazioni non di gioco. Un processo volto a incrementare la partecipazione, il coinvolgimento e la fedeltà del consumatore mediante meccaniche e tecniche di gioco che aggiungono valore all’attività svolta. Le stesse tecniche che sono ampiamente utilizzate dai game-designer per coinvolgere e motivare i giocatori nell’esperienza video-ludica.

Si tratta dunque di amplificare l’effetto dell’esperienza core esistente, applicando tecniche ludiche e motivazionali tipiche dei giochi. L’attuale condizione postmediale è profondamente legata a questa svolta ludica delle pratiche sociali che permette letteralmente di aumentare la fidelizzazione, i rapporti commerciali e ovviamente il ROI, amplificando la soddisfazione del cliente. Allo stesso tempo queste stesse dinamiche possono essere applicate anche al sistema educativo. Secondo il linguista James Paul Gee infatti, utilizzare alcuni dei meccanismi tipici del videogioco faciliterebbe l’apprendimento, risultando estremamente più efficace rispetto al tradizionale apprendimento teorico scolastico. D’altra parte però, come sostiene Jane McGonigal, questa capacità da parte dei videogiochi di coinvolgere l’utente in una realtà più avvincente e appagante di quella vera non deve essere considerata come un fenomeno di “escapismo” o di rifiuto della realtà stessa, quanto più che altro l’occasione per riscoprire una relazione ricca, impegnata e complessivamente positiva con il mondo che ci circonda, come appunto accade nel film di Spielberg.

Dunque la gamification deve essere considerata come una scelta strategica e non come strumento. L’obiettivo è infatti quello di condurre l’utente a provare nelle pratiche quotidiane quella sensazione di piacevole estraniamento spazio-temporale che generalmente si prova quando si è coinvolti in qualcosa di diverte ed appagante.

Punto di forza della gamification è quindi la capacità di stimolare gli istinti umani allo scopo di creare o appagare desideri e bisogni. Un prodotto “gamificato” funziona perché fornisce obiettivi da raggiungere, livelli in cui progredire, competizione, condivisione dei propri successi e permette di guadagnare ricompense. Sfrutta dunque motivazioni e desideri intrinsechi nell’individuo. Queste informazioni, se combinate con le ultime ricerche sulla motivazione e i big data generati dalle interazioni degli utenti, mostrano come la gamification sia in grado di generare un vero e proprio processo di fidelizzazione per le aziende.

Gamification questa “novità”

Le tecniche di gamification applicate alla vita quotidiana non sono però una novità dell’ultimo decennio. Infatti i primi progetti di gamification, in cui il potenziale delle tecniche ludiche veniva applicato alla vita quotidiana per veicolare messaggi pubblicitari e comportamenti sociali e civili, risale addirittura ai primi anni Ottanta. Grazie però all’avvento dei nuovi digital device e dei social network è oggi possibile parlare di una diffusione di massa di questa tecnica. Ci ritroviamo infatti spesso a usufruire di pratiche e rituali di gioco nelle attività quotidiane senza rendercene conto: basti pensare ai meccanismi di acquisto online e offline mediante offerte seasonal, come ad esempio l’applicazione di modalità che richiamano il calendario dell’avvento durante il periodo natalizio o più semplicemente le diffuse raccolte punti. È in questo modo che un gran numero di non-giocatori si avvicina in modo inconscio a dinamiche proprie del mondo videoludico.


Indubbiamente uno degli esempi più eclatanti di gamification degli ultimi anni è rappresentato dal fenomeno sociale generato dalla App per dispositivi mobili della Niantic, Pokemon Go, uscita nell’estate del 2016. Pokemon Go è un mix intelligente di realtà aumentata, competizione e inconsapevole esercizio fisico che induce il giocatore a compiere lunghi viaggi per collezionare e catturare Pokemon disseminati in varie aree geografiche, con la macchina fotografica del proprio smartphone. A giocare sono soprattutto utenti compresi in una fascia di età superiore ai 25 anni e a beneficiare degli introiti generati dalla stessa App sono state anche attività commerciali come bar, locali e ristoranti in grado di trarre profitto dalla presenza di un Pokemon nelle loro vicinanze per sponsorizzare la propria attività, sulla scia di un marketing che non esiterei a definire trasversale.

Non è un caso che a sfruttare i diritti connessi alla App Pokemon Go sia proprio Nintendo, casa di sviluppo nipponica di hardware e software, che da sempre fa ampio uso di tecniche di gamification anche in modalità inversa. Basti pensare a progetti come Wii Fit in cui l’utente acquista prodotti per giocare (Wii Balance Board e accessori correlati come le racchette) con la promessa di mantenersi in forma o ancora, l’innovativo Nintendo Labo progettato per l’ultima console Nintendo in cui dei semplici cartoni piegati e incastrati a seconda delle istruzioni creano oggetti atti a implementare l’esperienza di gioco nel mondo reale.

Se fino a questo momento abbiamo però parlato di tecniche di gamification applicate al mercato dell’intrattenimento di massa, non è escluso che queste possano avere un’utilità concreta per incentivare i cittadini a comportanti etici e sostenibili anche da un punto di vista sociale e ambientale. Si pensi ad esempio al progetto svedese della città di Stoccolma che per diminuire l’utilizzo delle scale mobili alla fermata della metropolitana Odenplan ha trasformato le scale tradizionali in una tastiera per pianoforte gigante che, grazie a dei sensori di pressione disposti sui vari gradini, emetteva il suono di una nota diversa ad ogni singolo passo. Si è registrato, in merito, un aumento del 66% di cittadini che preferiva utilizzare le scale tradizionali rispetto alla scala mobile standard. Un altro utilizzo intelligente delle tecniche di gamification, applicato sempre nella città di Stoccolma per incentivare i cittadini a gettare i rifiuti negli appositi cestini, riguarda l’inserimento di un sensore all’interno di alcuni contenitori atti allo smaltimento dei rifiuti che emetteva un effetto sonoro simile a quello dei tonfi nei cartoon ogni qual volta si gettava qualcosa al loro interno. In un solo giorno si è registrato un aumento considerevole dei rifiuti gettati all’interno di quest’ultimi. Si è infatti calcolato che i rifiuti raccolti dai medesimi sia di circa 41kg in più rispetto ai cestini tradizionali.

Ancora, App di ultima generazione che applicano tecniche di gamification a fini ecologici e che sfruttano modalità di acquisizione punti sono ad esempio “Come guidi”, sviluppata dalla software house lombarda K BRAND sull’idea del campione di Rally Maurizio Verini, e “Sweatcoin” App che ti paga per camminare.

“Come Guidi” è una app pensata per monitorare lo stile di guida e fornire suggerimenti per migliorare la propria tecnica di guida, attraverso semplici consigli e l’attribuzione di un punteggio. Tramite l’App è inoltre possibile controllare la posizione degli amici di Facebook e confrontarsi, grazie al Social Challenge, con altri guidatori. Ogni settimana viene stilata una classifica dei migliori guidatori d’Italia. Dunque, un modo unconventional che aiuta i “piloti” di oggi a diventare guidatori eco-responsabili. “Sweatcoin” è invece una piattaforma che permette di guadagnare crediti spendibili in un negozio digitale camminando. Già lanciata nel Regno Unito e negli Stati Uniti, arriverà presto anche nel resto d’Europa. Il funzionamento è semplice: ogni 1.000 passi (tracciati ovviamente grazie al Gps) si guadagna uno “sweatcoin” (per la precisione poco meno di una unità, 0,95) spendibile in un negozio virtuale legato alla piattaforma dove si trova un po’ di tutto: gadget, scarpe da corsa, libri, carte regalo, miglia aeree, prodotti hi-tech come smartphone e televisori.

La gamification è dunque un nuovo modo per favorire l’engangement e il coinvolgimento dell’utente nella propria attività, mediante vari tipi di ricompense e in modo che lo stesso si senta coinvolto in qualcosa di diverte ed appagante. Da buoni creativi dunque la gamification, come tendenza che si sta sviluppando negli ultimi anni, è indubbiamente una tecnica da utilizzare nei prossimi progetti di comunicazione e design. Parlando di stime infatti, secondo MarketsandMarkets, piattaforma di ricerca di mercato, il tasso di crescita a livello globale relativo all’impiego di applicazioni, di piattaforme ed in generale di metodologie che possono essere ricondotte alla gamification è stato nel 2016 di circa +43,6% rispetto al 2015, con una proiezione di crescita che vede il volume di affari relativo al settore crescere dai circa 1,65 miliardi di dollari del 2015 agli 11,1 miliardi di dollari entro la fine del 2020.

Gamification per designers

Se da una parte abbiamo dunque spiegato come la gamification possa essere considerata una strategia importante da tenere in considerazione per l’elaborazione del prossimo progetto, è anche necessario sottolineare che la stessa può aiutare, in modo creativo, i designer nella vita di tutti i giorni. Per questo motivo, noi di RDG abbiamo deciso di stilare un piccolo elenco di App e tools che vi aiuteranno ad essere più creativi divertendovi.

Hue Test

La famosa azienda X- Rite mette a disposizione un simpatico giochino in grado di testare le abilità (e quelle dello schermo) nel riconoscere i colori per creare delle sfumature perfette. Il gioco consiste infatti nel disporre i riquadri in modo tale da creare una scala cromatica perfetta, con l’obiettivo di fare un punteggio il più vicino possibile allo “0”.
https://www.xrite.com/hue-test

The Bézier Game


The Bézier Game è uno dei migliori giochi in circolazione per aiutare i designer a imparare ad usare lo strumento penna. Infatti quest’ultimo è uno dei tool più difficili da manipolare nei processi di elaborazione grafica e, al contempo, indubbiamente indispensabile per qualsiasi lavoro di design: dal fotoritocco alla pittura digitale. In Bézier Game, ogni livello è preceduto da un tutorial che spiega il procedimento di realizzazione; si comincia da forme basiche e si continua, schema dopo schema, con tracciati sempre più complessi. Indubbiamente un gioco utile per esercitarvi e aumentare le vostre competenze con lo strumento penna.
http://bezier.method.ac/

Shape Type

Simile a The Bézier Game è Shape Type che utilizza i bézier per manipolare le lettere dell’alfabeto. Il gioco consiste infatti nel trascinare gli strumenti di regolazione della curva per perfezionare le forme delle lettere presentate in varie tipologie di font. Più la curvatura sarà vicina alla lettera reale più alto sarà il punteggio.
http://shape.method.ac/

Kern me


Dello stesso sviluppatore web di Shape Type, Mark MacKay, è anche Kern me. L’obiettivo, in questo caso, è quello di ottenere un testo piacevole e leggibile distribuendo lo spazio tra le lettere. Questa tecnica è chiamata dai tipografi kerning e, per quanto non possa rendervi dei grandi designer, migliorerà il vostro occhio per i pixel.
http://type.method.ac/

I Shot the Serif


I Shot the Serif è forse uno dei giochi per designer più famosi. Il gioco consiste nel mettere alla prova l’attitudine del designer nell’individuare elementi tipografici e a riconoscere i caratteri con e senza grazie. Ogni livello dispone di un limite di tempo e la difficoltà aumenta ad ogni schermata.

I shot the serif

Font game – I love typography


L’obiettivo di I love typography è quello di riconoscere i 30 font più usati nel modo del graphic design, accentuando la vostra capacità di distinguere ciò che caratterizza un carattere tipografico da un altro.
http://ilovetypography.com/ifontgame/

Blendoku


Blendoku è un puzzle game che mette alla prova la capacità di distinguere e organizzare i colori, basandosi sui principi del colore e sugli esercizi insegnati nelle scuole d’arte di tutto il mondo. Mettetevi alla prova proseguendo per oltre 500 livelli!
http://www.blendoku.com/

Buon divertimento!

 

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